Tempi difficili. Tempi di cambiamento, alla fine di un Anno santo della Misericordia. Porte sante che si chiudono. Guerre che si combattono. Influenze politiche planetarie che mutano. Muri che si innalzano. Muri che si rinforzano. Muri che si sgretolano e montagne che si aprono. Argini che si erigono a difesa. Argini assaliti dalle piene naturali e dagli Tsunami umani che si abbattono sulle nostre coste. Inondazioni di dolore e di aspettative aliene che si riversano nei nostri comuni. La distrazione del vocio intorno ad una consultazione referendaria in tale contesto assolutamente marginale.
Un quadro fosco, quasi apocalittico, non c’è che dire. Eppure è tutto vero. E sta accadendo ora. Che fare dunque? Abbandonarsi alla disperazione? Cedere allo sconforto? Lasciarsi irretire dalle sirene dell’agone politico (inutile)?
Abbiamo una carta da giocare. In Italia. Un articolo recente (“L’Italia rinasca dal proprio patrimonio culturale” http://www.gdc.ancitel.it/ cultura/19958/) presenta le riflessioni dell’estensore in merito all’importanza della tanto bistrattata cultura. Lo spunto è interessante e meritevole di approfondimento.
Nella situazione appena descritta, la cultura è la nostra vera ancora di salvezza, il nostro rifugio, il nostro argine invalicabile.
La cultura è azione incessante e pertinente alla natura umana. Come già evidenziato in precedenza (http://ildomaniditalia.eu/article/che-cos%E2%80%99%C3%A8-la-cultura) cultura significa “(le cose) da coltivare/coltivarsi/(cui) rendere culto”.
La triplice azione delineata nel significato (cosmologica, antropologica e metafisica) abbraccia tutto ciò che si trova fuori (“coltivare”), all’interno (“coltivarsi”) e al di sopra (“rendere culto”) dell’uomo.
Nella nostra civiltà italica e italiana il triplice ambito sintetizzato nel termine cultura fu la robusta intelaiatura del criterio ordinativo comunitario che permise lo sviluppo delle conoscenze.
Con il sapiente e poetico linguaggio dei miti, gli antichi tramandavano la figura di Mnemosine (la memoria) figlia del cielo (Urano) e della terra (Gea), sposa di Zeus e madre delle nove Muse (le arti). Ella rappresentava la memoria generatrice delle arti, intesa come frutto dell’unione di cielo e terra. Il nome Mnemosine appare essere forma intensiva della radice indoeuropea (“man”) ad indicare la mente. Il suo nome esprime pertanto l’attività (mentale) intensa. Come tale, ella è madre delle arti. Quindi, l’azione intensa, incessante e ripetuta porta i suoi frutti. Mnemosine, madre delle Muse. La cultura, madre della civiltà.
La cultura, come equilibrio della triplice azione nella vita personale di ciascuno, è motore inarrestabile di sviluppo. L’Italia dei comuni è terra dei campanili, permeata di cultura. Apprezzare e curare il nostro territorio e il nostro patrimonio culturale vuol dire erigere un baluardo contro la marea montante del caos, attivamente influenzare piuttosto che essere influenzati, offrire un rifugio piuttosto che abbandonare un luogo, includere piuttosto che escludere, armonizzare piuttosto che contrapporre. Tutto questo può iniziare da noi. Deve iniziare da noi, con le nostre vite, piccole, medie o grandi che siano.
Nel perseguire tale attività potremo raggiungere l’equilibrio e, pur nell’incertezza tempestosa del presente, dire veramente, come Shakespeare: “Noi siamo di natura uguale ai sogni, la breve vita è nel giro d’un sonno conchiusa.”.