Quando un territorio è messo in ginocchio dal terremoto, si realizza presto che per poter ripartire le priorità non possono che essere due: le scuole e le imprese. Gli interventi alle chiese e alle torri medioevali, alle rocche e agli edifici storici sono importanti, ma se le imprese chiudono non c’è più il lavoro e la gente è costretta ad andare via.
Gli abitanti di Norcia, di Visso e di tutti gli altri paesi colpiti lo hanno capito e chi può cerca di aggrapparsi alle proprie aziende che in gran parte sono legate al mondo dell’agricoltura e dell’alimentare con eccellenze che vanno dall’olio ai salumi, riconosciute in tutto il mondo. «È importante che le imprese non se ne vadano, se necessario bisogna studiare incentivi e forme di supporto per evitare che ciò avvenga. Altrimenti il rischio è quello di veder sparire questi paesi dalla cartina geografica», così il presidente di Confindustria Marche, Bruno Bucciarelli.
Questa volta il terremoto ha toccato anche un territorio come quello del Maceratese dove la trama del tessuto industriale è più fitta, con grandi aziende dai nomi noti nella produzione dell’olio, delle lenticchie, dello zafferano, ma anche di salumi, tartufi e anice stellato. Secondo Coldiretti sono oltre tremila le aziende agricole ed agroalimentari in cui si contano danni strutturali a fabbricati e impianti. Senza contare la difficoltà in alcuni casi a garantire l’alimentazione e la cura degli animali da allevamento. C’è poi l’economia del turismo. Anche questa in ginocchio. Le prenotazioni erano già crollate dopo il terremoto di fine agosto. Ma qui per provare a ripartire bisognerà attendere almeno che la terra ritrovi pace.