In vetta ad una delle rassegne più prestigiose del cinema internazionale Fuocoammare ha riscosso il consenso unanime di pubblico e critica. Il film documentario premiato a Berlino racconta il mare visto con gli occhi di un ragazzo che vive a Lampedusa. Ma sono anche altri gli occhi che guardano con speranza e timore l’immensa distesa d’acqua: quelli di chi quel mare lo vuole attraversare per fuggire dalla guerra. E mentre la Commissione europea riferisce sull’attuazione dei principali programmi nell’ambito dell’Agenda sulla migrazione, evidenziando le aree prioritarie nelle quali è richiesta un’azione immediata per ristabilire il controllo della situazione, mentre si alzano muri e si inaspriscono i toni alle frontiere di tanti Paesi, alla Berlinale il film italiano (in concorso con altre 18 pellicole) vince la 66ma edizione del Festival. Il regista, già Leone d’Oro a Venezia con Sacro Gra, per girare quest’ultimo lavoro si è trasferito per un intero anno a Lampedusa nell’intento di raccontare dall’interno la tragedia dei migranti e per capire da lampedusano cosa significhi abitare in una terra di confine, in equilibrio tra l’Europa e l’Africa, tra l’innato senso di accoglienza ed il rispetto di obblighi e normative europee.
Il protagonista della pellicola è Samuele, un dodicenne che va a scuola e ama tirare con la fionda. L’adolescente preferisce giocare sulla terra ferma, anche se tutto intorno a lui parla di mare e di quelle migliaia di donne, uomini e bambini che il mare cercano di attraversarlo per trovare sopravvivenza e libertà. Il regista tiene a sottolineare come sia stato difficile staccarsi dai personaggi e dai luoghi delle riprese. “Questa volta più che in passato. Più che in altri miei progetti – afferma Rosi -. Ho sentito però la necessità di restituire al più presto questa esperienza per metterla in dialogo con il presente e le sue domande. Sono particolarmente convinto di portare a Berlino, nel centro dell’Europa, il racconto di Lampedusa, dei suoi abitanti e dei suoi migranti, proprio ora che la cronaca impone nuovi ragionamenti”. Ed i fatti gli hanno dato ragione.
A questo punto va ribadito che l’accoglienza non deve essere fatta dalle singole nazioni, ma dall’Europa. “L’esempio che ieri ha dato l’Austria, che sta iniziando a chiudersi non è un grande esempio – ha detto a caldo, dopo la consegna del prestigioso riconoscimento”. Per molto tempo l’Italia ha fatto tutto da sola, ora occorrono un’azione ed una responsabilità condivisa.