E’ lecito lavorare il sabato e nei giorni festivi come il 25 aprile, il 2 giugno o a Ferragosto? La domanda non è peregrina poiché stanno aumentando le richieste dei datori di lavoro nei confronti dei dipendenti in tal senso, e aumentano anche le relative vertenze. Per tentare di mettere ordine in quello che appare un far west dei diritti, al Senato è stato presentato un ddl che mira a sancire una volta per tutte il principio, evidentemente non abbastanza chiaro, per il quale il lavoro nel giorno festivo (infrasettimanale, perché le domeniche rientrano in una disciplina specifica) è consentito soltanto a patto che vi sia il consenso del lavoratore, altrimenti è illecito. A tal fine, il Pd ha depositato il ddl n. 2179 di modifica alla legge 27 maggio 1949, n. 260, “in materia di nullità dell’obbligo di lavoro nei giorni festivi” e introduce sanzioni pecuniarie a chi minaccia il licenziamento “o altre conseguenze negative”.
Bisogna ricordare che la legge n. 260/1949 già individua i giorni da considerare ricorrenze festive e definisce la maggiorazione della retribuzione che lo Stato, gli enti pubblici e i privati datori di lavoro devono corrispondere ai lavoratori che prestino la loro opera nelle festività indicate. Ma con il tempo, la sua applicazione si è andata sfilacciando in modo non favorevole ai soggetti che dovrebbero essere tutelati. “Quella legge e le successive – spiega il senatore Ignazio Angioni, primo firmatario del ddl – non si sono rivelati sufficienti a tutelare il diritto del lavoratore, nonché un principio di civiltà del lavoro. Soprattutto nel settore dei servizi, un po’ meno in quello dell’industria, in nome del giusto principio dell’aumento della produzione e del coinvolgimento di un maggior numero di addetti, si è perso il concetto del carattere speciale della festività religiosa o civile. Parliamo di giornate in cui il lavoratore ha il diritto di partecipare alla vita familiare, sociale, o a quella della propria confessione religiosa, o al semplice svago. Insomma, un diritto costituzionalmente garantito non può essere sacrificato sull’altare della produzione. Al lavoratore deve essere data la possibilità di esercitare il diritto di opzione: un ordine di servizio non può disporre che quel giorno festivo si lavora e ‘si fa così’. Il lavoro festivo, semplicemente, non è obbligatorio. Questo è un problema al quale sono sensibili centinaia di migliaia di lavoratori, se non tutti”.
Si sono stratificati decenni di giurisprudenza, spesso non coerente, che non hanno impedito, a maggior ragione negli anni di una disordinata deregulation, che la richiesta del datore di lavoro di prestazione nei giorni festivi venisse intesa dal lavoratore come obbligatoria. Anzi, sono in vigore contratti che prevedono la legittimità della richiesta anche senza il consenso del lavoratore. Come si legge nella relazione al ddl, recentemente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16592 del 2015 “ha chiarito meglio, anche rispetto alla precedente giurisprudenza, l’impossibilità del datore di lavoro di obbligare il lavoratore alla prestazione senza il consenso dello stesso”. E risulta inoltre illecita ogni eventuale sanzione disciplinare irrogata dal datore di lavoro al lavoratore che si rifiuti di lavorare durante il giorno festivo. In più, in nessun caso una norma di un contratto collettivo può comportare il venir meno di un diritto già acquisito dal singolo lavoratore (come il diritto ad astenersi dal lavoro nelle festività infrasettimanali), non trattandosi di diritto disponibile per le organizzazioni sindacali. L’unico limite che incontra la libertà del lavoratore all’opzione tra godimento della festività e prestazione è nei casi in cui prevalgono i diritti generali garantiti costituzionalmente, in particolare, quelli in materia sanitaria e di ordine pubblico.
Di qui l’opportunità di normare alcuni princìpi di quella sentenza per rendere chiaro già in legge il diritto del lavoratore e per evitare che spetti sempre ai giudici doverlo ribadire con sentenza. Lo scopo del provvedimento, insomma, è di “rendere chiari i diritti dei lavoratori in materia, ribadendo espressamente il principio, sancito dalla Corte di cassazione, per cui la rinunciabilità al riposo nelle festività infrasettimanali è rimessa solo all’accordo tra datore di lavoro e lavoratore”. In concreto, per rafforzare questi principi, il ddl presentato prevede che “sia nulla la disposizione, anche se non eccepita, con la quale il datore di lavoro stabilisca l’obbligo per il lavoratore di rendere prestazione lavorativa nei giorni festivi. Inoltre, il lavoro nei giorni festivi è consentito solo quando, per comprovate esigenze di organizzazione aziendale, sia previsto un espresso accordo tra datore di lavoro e lavoratore”. E poi: “Il datore di lavoro che imponga comunque la prestazione lavorativa senza il preventivo ed espresso accordo congiunto con il lavoratore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200 a euro 300 per ciascun lavoratore cui sia imposta la prestazione lavorativa”. Infine, il quarto comma stabilisce che “il datore di lavoro che minaccia il lavoratore di licenziamento o di altra conseguenza negativa nella prosecuzione del rapporto di lavoro al solo scopo di ottenerne la prestazione lavorativa nei giorni festivi è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 ad euro 1.000. La suddetta sanzione è incrementata del 30% se il lavoratore è un minore di anni diciotto”.