Leggiamo che l’emoji – diverso dall’emoticon, in quanto disegno, “pittogramma”, non fa parte del testo – più diffuso al mondo è la faccina che sorride. Dunque il mondo comunica sorridendo, o sforzandosi di sorridere. Sarà anche un gesto formale, un po’ ipocrita, che non costa nulla, etc., però significa che il mondo ha bisogno di gentilezza. Segnalo un libretto uscito due anni fa, di George Saunders, autore americano di racconti quasi sessantenne: L’egoismo è inutile. Elogio della gentilezza (Minimum Fax).
Si tratta di un discorso tenuto a un migliaio di laureandi della prestigiosa Syracuse University, in cui dice tra l’altro che le persone che ricordiamo tutti con più simpatia sono le persone che sono state più gentili con noi. E aggiunge che in genere non si è gentili perché ci si crede al centro dell’universo e perché si ritiene che siamo eterni (la morte esiste solo per gli altri!).
Eppure la “gentilezza”, ben diversa dalla banale “cortesia” (“strategia per non lasciarsi coinvolgere”) – è infatti gentilezza anzitutto del cuore – andrebbe coltivata e approfondita attraverso alcune modalità: studiare, immergersi in un’opera d’arte, pregare, fare meditazione, avere una spiegazione franca con un amico, inserirsi nel solco di una tradizione spirituale, ascoltare le sagge voci del passato…Essere egoisti è per Saunders inutile e illogico dato che l’altro è fondamentalmente come noi.
Così conclude il discorso: “La parte luminosa di voi che esiste al di là del carattere è fulgida e brillante. Credete nella sua esistenza, imparate a conoscerla meglio…”. Ma purtroppo negli ultimi decenni la gentilezza, la delicatezza, la pazienza sono state riconosciute socialmente come virtù minori, a favore di aggressività, certezza, sicurezza di sé, potere. Saunders non è un leader politico né un vescovo: si rivolge ai laureandi dell’università da individuo comune ad altri individui. Ma il suo è un discorso progettuale da quale oggi nessuno può davvero prescindere. Proviamo a sorridergli con un emoji.