Il Censis, con il contributo di Farmindustria, ha presentato nella mattinata di giovedì 24 novembre una sintesi dello studio sul rapporto della popolazione con la salute. Ripercorrendo gli ultimi 50 anni (dal 1967 al 2016), la ricerca ha indagato come sono mutati gli stili di vita e di cura degli italiani, privilegiando il punto di vista dei pazienti: l’approccio alla prevenzione, alle vaccinazioni, come si è sviluppato e quali trasformazioni ha subito il sistema sanitario nazionale.
Di fronte a noi la fotografia di un Paese caratterizzato da un rallentamento della crescita demografica e dal conseguente aumento della quota anziani, con una speranza di vita che muta a seconda del sesso e della regione in cui si nasce. Nel corso degli anni gli interventi di prevenzione e cura sono aumentati. Le informazioni acquisite attraverso il web hanno dato nuove consapevolezze in materia sanitaria, correndo a volte il rischio di promuovere atteggiamenti culturali sbagliati.
Negli anni ’60 il Paese vive una crescita importante. Il cosiddetto boom economico vede aumentare la domanda di tutela della salute nella sanità delle mutue e la vaccinazione diventa lo strumento di prevenzione per eccellenza. Si riduce la mortalità infantile, la popolazione aumenta da 47 milioni (1950) a 54 milioni (fine anni ’60), cresce il numero di assicurati con la mutua e vengono introdotte le principali vaccinazioni dell’infanzia come la pertosse, la poliomielite e l’antitetanica.
Negli anni ’70 nasce il Sistema Sanitario Nazionale e la prevenzione diventa di massa attraverso il ricorso ai vaccini. Il Paese continua a essere al centro di uno sviluppo demografico ed economico. Negli anni ’80 si assiste al fenomeno della “cetomedizzazione”. Crescono i redditi, e da qui la spinta verso una nuova cultura della salute, in cui la prevenzione si lega alla promozione dell’individuo. L’offerta sanitaria del SSN non riesce a far fronte alla domanda creando un clima di sfiducia e mettendo in crisi il rapporto medico-paziente. Nonostante ciò in questo decennio il ruolo delle vaccinazioni continua a essere primario.
Negli anni ’90 la crescita demografica rallenta, il SSN entra in crisi e si afferma come strategia di prevenzione l’adozione di stili di vita salutari, con un individualismo sempre più marcato.
Negli anni 2000 ha inizio una fase di recessione per il Paese e la crescita economica ha un andamento negativo. In ambito sanitario le vaccinazioni continuano a essere uno strumento decisivo; aumenta la percentuale di donne che si sottopongono a esami pur non avendo sintomi e la rete internet diventa un riferimento sempre più frequente per avere informazioni di natura sanitaria.
Gli anni che vanno dal 2009 al 2016 sono caratterizzati da una fase di recessione vera e propria. Aumentano le disuguaglianze di reddito e consumo e la cultura della vaccinazione entra in crisi.
Davvero molti gli spunti di riflessione e confronto forniti dal rapporto dei cittadini italiani con la salute. A chiudere il convegno l’intervento del Presidente del Censis, Giuseppe De Rita, il quale ha evidenziato che negli ultimi 50 anni si è assistito a due processi: uno sociale e uno culturale, da cui sono derivati i fenomeni dell’imborghesimento e dell’alta soggettività. “Non esiste più una società di ceto medio, è un corpo sociale indistinto, non si distinguono più processi sociali aggreganti.” De Rita ha proseguito poi invitando a riflettere su come incentivare un maggiore senso di responsabilità sociale da parte dell’intera popolazione. “Bisogna guardare al futuro con l’esperienza degli ultimi cinquant’anni, sono aumentate le aspettative di vita, gli italiani sono più sani e longevi. E’ necessario promuovere campagne di sensibilizzazione della società civile – ha concluso il presidente del Censis – per ridurre gli inquinanti ambientali, fare prevenzione favorendo l’affermarsi di una cultura scientifica e sanitaria al fine di contrastare le informazioni inappropriate”.