Il Vertice di Versailles ha gettato le basi per il progetto comune di Dichiarazione di Roma, che sarà ufficializzata il prossimo 25 marzo, in occasione della celebrazione del sessantessinmo anno dalla firma del Trattato di Roma. Francia Germania Italia e Spagna (nocciolo duro dell’Europa che vuole collaborare e integrarsi di più) – a Versailles – hanno detto sì all’Europa a due velocità (a velocità diverse), tema su cui mi sono già soffermata sulle pagine di questo giornale (v. http://www.gdc.ancitel.it/europa-a-doppia-velocita-tre-risoluzioni-del-parlamento-europeo-sul-futuro-dell’unione).
Con l’affermarsi di economie emergenti, e di nuovi protagonisti, il mondo cambia, ma continua ad essere caratterizzato da interdipendenza. E ci sono sfide minacce e problemi – quali crisi multiple, immigrazione e crisi dei rifugiati, cause del terrorismo e dei molteplici conflitti in essere, lotta ai cambiamenti climatici, dumping sociale salariale fiscale ambientale, spread che si ampliano, politiche di Trump ( isolazionismo, protezionismo, chiusura all’immigrazione, fuga in avanti in termini di spesa di bilancio, ecc.), problemi di crescita e sviluppo ecc. – che nessuno Stato può veramente risolvere da solo.
Tuttavia, dopo Brexit, l’Ue è sotto attacco all’interno e dall’esterno. I capofila di chi vuole meno Europa sono i Paesi dell’Est – dotati di poca familiarità con l’equilibrio tra lealtà atlantica e appartenenza all’Ue – spesso accusati di scarsa solidarietà europea, e di poca riconoscenza per l’enorme sforzo finanziario dall’UE fatto a loro favore. Per noi, la dominazione sovietica è stata una minaccia. Per loro è stata una realtà. E’ ovvio che la loro percezione della propria sicurezza, e del significato dell’alleanza con gli Usa, è diversa. Agli occhi della Polonia, dell’Ungheria, della Repubblica Ceca e della Slovacchia (Gruppo di Visegrad o V4) la clamorosa scelta della Gran Bretagna di lasciare la casa comune europea è quindi «una opportunità per migliorare il funzionamento dell’Unione». A Bratislava, il V4 ha chiesto che venga difeso «un equilibrio istituzionale» che garantisca al Consiglio europeo «il ruolo di definire direzioni e priorità» e un rafforzamento del ruolo dei Parlamenti nazionali. “Il progetto europeo si è arenato” e “bisogna lasciar cadere le illusioni federaliste”, ha di recente scritto l’ungherese Orban secondo cui – affinché l’Europa diventi di nuovo forte “ci vuole un ritorno all’Europa delle Nazioni”. Dopo la vittoria del verde Van der Bellen, in Austria, c’è sete di rivincita da parte dei populisti. E c’è anche chi parla di Swexit, Grexit, in caso di vittoria di Marine Le Pen alle prossime elezioni francesi di Francexit, e addirittura di una uscita della stessa Germania. Di fatto siamo, ora, alla vigilia di importanti elezioni politiche in Olanda, Germania e Francia (Marine Le Pen – in caso di vittoria – intraprenderà un processo di uscita della Francia dalla zona euro, e anche dall’Ue). E’ in questo contesto – caratterizzato anche dallo scandalo dei rimborsi Ue (per i finti assistenti del compagno di le Pen, la badante della madre di Kaczynski, contratti illeciti della moglie dell’Ukip Farage ecc.) – che, il 6 marzo 2017 si è tenuto un vertice a 4. Aprendo il vertice, il leader francese, François Hollande ha precisato: il 25 marzo “non vogliamo solo commemorare i Trattati di Roma, ma affermare insieme l’impegno per il futuro. Francia Germania Italia e Spagna hanno la responsabilità di tracciare la strada”.
L’Europa della difesa – L’ipotesi è partire dal progetto concreto di un’Europa della difesa. La cooperazione militare resterà aperta alla Gran Bretagna che sta uscendo dall’Unione, ma resta legata alla Francia dai Trattati di Londra del 2011. I leader hanno confermato l’impegno per un piano di Difesa comune, secondo il vertice di Bratislava. In effetti – dal fallimento del progetto di Comunità europea di difesa (CED) – in materia di difesa ha dominato a lungo un vero tabù. Da una parte, c’è chi teme una possibile concorrenza tra NATO e UE, con al termine una divisione transatlantica; d’altra parte, lo stesso concetto di autonomia della Pesd-Psdc non manca di ambiguità. Mentre i paesi membri dell’UE con vocazione atlantista lo interpretano in modo restrittivo, quelli più europeisti tendono a farne la base di un ruolo dell’Unione sempre più autonomo sulla scena mondiale (anche per evitare di ritrovarsi in missioni utili – solo – a interessi americani). Lo stesso termine autonomo è frutto di un compromesso tra indipendente (preferito dalla diplomazia francese) e complementare (alla NATO) tipico della visione britannica. Oggi, Marine Le Pen sta proponendo di ritornare al franco francese; e di uscire – non solo dall’Ue – ma anche dalla NATO. Per la difesa, il Trattato modificativo di Lisbona ha portato numerose significative innovazioni, ivi incluso un meccanismo di Cooperazione strutturata permanente (che non è altro che una possibile Eurozona per la difesa). “Occorre creare un meccanismo di cooperazione e integrazione della difesa” ha di recente sottolineato anche Federica Mogherini.
“Oggi l’Europa può rilanciarsi attraverso la difesa – ha precisato,a Versailles, il Presidente Hollande – Per assicurare la sua propria sicurezza, ma anche per agire nel mondo, per cercare soluzioni a conflitti che la minacciano. E’ questo che gli Europei devono avere, in coerenza con la NATO, come priorità. L’Alleanza atlantica è necessaria e l’Europa della difesa non è in alcun modo con essa in contraddizione o in concorrenza. L’Europa della difesa è fondata sulla solidarietà: quando un paese è aggredito, tutti gli altri devono portargli assistenza. Il presidente Trump è parso esitare ma, alla fine, ha da poco riaffermato il suo sostegno alla Nato per meglio discutere della distribuzione del fardello. Ciò che conta è l’affidabilità dei partner. La Francia è credibile, ha dato, con altri Europei, il suo sostegno agli Usa, in Afghanistan in particolare. La nuova amministrazione americana ha anche dei doveri nei confronti dei suoi alleati europei. Non è solo una questione di bilancio. E’ la concezione stessa dei valori che noi portiamo nel mondo. Ciò detto resta che gli Europei devono aumentare il loro sforzo di difesa”.
L’annuncio di un disimpegno americano ha dunque accelerato la difesa europea? Per Hollande “l’Europa deve evitare ogni dipendenza,che la porrebbe in uno stato di sottomissione, il che sarebbe grave, o in stato di abbandono, il che sarebbe peggio. La consapevolezza c’è, ma bisogna tradurla in un miglior coordinamento delle nostre politiche di difesa, l’integrazione delle nostre forze, il rafforzamento delle nostre capacità di armamento e di strumento di protezione militare”. E il sociale? – Sulla necessità di una dimensione – anche – sociale nel processo d’integrazione europea, mi sono già soffermata sulle pagine di questo giornale (v. http://www.gdc.ancitel.it/20386-2/ e http://www.gdc.ancitel.it/22178-2/ ). Attualmente – nell’interpretazione delle regole del trattato di bilancio europeo – è stata introdotta una certa flessibilità che ha permesso all’Italia e alla Spagna di evitare ogni sanzione, e alla Francia di evitare un’austerità distruttiva. Tuttavia – ha precisato (a Versailles) il leader italiano Paolo Gentiloni: “abbiamo bisogno di un’Europa sociale che guardi alla crescita e agli investimenti. Un’Europa in cui chi rimane indietro non consideri l’Ue come una fonte di difficoltà ma come una risposta. E non siamo ancora a questo livello. .. E’ ora di scelte sul terreno economico e sociale”.