Antonio Tajani (FI/PPE) 351 voti, Gianni Pittella (PD/Socialisti & democratici) 282 voti: alla fine, al quarto ballottaggio, ha vinto Antonio Tajani, candidato per gli europopolari del Partito popolare euripeo. Per questo esito, sono risultate decisive le alleanze concluse dal capogruppo del PPE, il tedesco Manfred Weber, con i conservatori ECR (in gran parte britannici in uscita) e i liberali ALDE del belga Guy Verhofstadt (quello stesso gruppo cui Grillo aveva pensato di aderire lasciando Forage). Gianni Pittella ha avuto il sostegno della sinistra GUE e dei Verdi. Gli euroscettici – che includono M5S e Lega di Matteo Salvini – hanno dichiarato l’astensione.
Originariamente, l’accordo di maggioranza tra PPE e S&D (simile alla grande coalizione a Berlino) prevedeva un europopolare alla presidenza dell’Europarlamento per la seconda metà del mandato quinquennale, subentrando al socialista tedesco Martin Schultz. Ma i S&D hanno poi chiesto la conferma di Schultz, per evitare un accentramento di cariche a favore degli europopolari. Weber si è opposto. Schultz ha rinunciato (per candidarsi nel voto nazionale) e – per ritorsione – ha fatto saltare l’accordo di maggioranza e ha candidato Pittella contro Tajani. Alla fine – visto che Angela Merkel ha protetto Tusk, disposta a cedere su Juncker – Pittella ha preferito lo scontro con Tajani.
Adesso il PPE quindi ha le tre cariche principali nell’Unione (le presidenze del Parlamento europeo, del Consiglio europeo e della Commissione europea) e il Patto PPE-PSE non governa più la politica dell’Unione europea. Intanto – mentre al PE cambia la geografia politica interna – nel mondo aumentano disuguaglianze e disoccupazione. Theresa May alza il suo muro e, avvicinandosi al Presidente Trump, lancia la sfida di una “hard Brexit” – “non manterremo neanche un pezzo” (da qui l’annuncio della loro uscita dal mercato unico europeo) – e, se ostacolata, minaccia di abbassare le tasse (quindi guerra fiscale!). Donald Trump auspica protezionismo, evoca con favore lo sgretolamento dell’Ue e definisce la Nato “obsoleta” (anche se non ci sarà una ritirata americana dalle sue alleanze). Il ruolo di Putin (in Siria, Libia ecc.) – alleato con Endogard Turchia – si rafforza. E – al World Economic Forum di Davos – il leader cinese, dichiarandosi pronto a un ruolo guida globale, si candida quale motore dell’economia globalizzata.
Ciò detto, è vero anche che la Presidenza del Parlamento europeo passa a un italiano, dopo più di 30 anni: il primo presidente italiano è stato Emilio Colombo ma – ai suoi tempi – il Parlamento europeo era nominato dai parlamenti nazionali e non era ancora eletto (con suffragio universale) in modo diretto dai cittadini europei. Che importanza riveste questa carica per il nostro paese? Forse, significa bilanciare una situazione all’interno dell’Unione europea che è sempre stata orientata piuttosto verso il Nord dell’Unione. E può essere un messaggio anche al Sud dell’Europa: nel momento in cui cresce la disaffezione nei confronti delle istituzioni Ue, la Presidenza italiana potrebbe essere un antitodo per fare riavvicinare gli italiani all’Unione, anche se questo di certo non basterà, vista la necessità di risolvere i molti problemi cui ci si trova confrontati (lavoro, violazioni crescenti dei diritti umani, emigrati, sfida climatica, conflitti, sicurezza e difesa, lotta al terrorismo e le sue cause, un mondo alla ricerca di un nuovo ordine ecc.). Questo resta vero, anche se al peso delle poltrone “italiane” (Mario Draghi, Fedederica Mogherini ed ora Antonio Tajani) forse non corrisponde un equivalente peso del sistema-paese (Italia). Basti pensare all’ultimo richiamo Ue sui conti pubblici, al fatto che l’Italia risulta essere il paese che cresce meno di tutti, alla non esigibilità dei richiesti aiuti per far fronte all’immigrazione, alla richiesta di ritiro di alcuni modelli Fiat-Fca (per presunte irregolarità delle emissioni), ecc.
L’esperienza di Tajani (da 28 anni a Bruxelles) anche di Commissario europeo per la politica industriale é un buon auspicio per un’Ue capace di contribuire a creare lavoro (lavoro del futuro e lavoro dignitoso) e per tutti maggior prosperità. Comunque, a entrambi – Gianni Pittella e Antonio Tajani – va dato un sincero grazie per il loro impegno in Europa, soprattutto in una fase storica complessa quanto quella odierna. Comunque, di fatto, l’elezione di Antonio Tajani riflette una nuova maggioranza politica composta da Popolari, Liberali ed ECR (i conservatori inglesi). La sua vittoria segna, quindi, uno spostamento a destra dell’asse politico continentale che, senza le prossime elezioni tedesche, probabilmente non ci sarebbe stata. E non si può escludere che – dopo le elezioni tedesche – se Angela Merkel avrà bisogno di una grande coalizione per governare con i socialdemocratici, anche in Europa vi si tornerà. I socialisti e democratici – sottolinea Patrizia Toia (PD) – “hanno creato un bel link politico con le forze progressiste, verdi e di sinistra. E continueranno a collaborare anche con gli altri gruppi, ovviamente, alla ricerca delle migliori soluzioni, ma liberi dalla “costrizione” che fino ad ora la grande coalizione ci ha imposto. Il lavoro per una migliore Europa continua”. “Con la nascita di un nuovo blocco conservatore – sottolinea Gianni Pittella – il panorama politico del Parlamento europeo è completamente cambiato. Ora si apre una nuova fase: insieme a tutte le altre forze progressiste, da domani faremo un’opposizione costruttiva. C’è bisogno di un Parlamento efficiente e coraggioso, pronto ad affrontare tutte le sfide. Il nostro obiettivo sarà sempre il bene dell’Europa e dei suoi cittadini”.
Ma – a questo punto – non sarà inutile ricordare anche i risultati delle elezioni politiche europee del 2014, svoltesi tra indifferenza (v. alti tassi di astensionismo, in particolare nei paesi dell’Est) e rabbia (v. rafforzamento,in più paesi, di movimenti nazional-populisti virulenti e anti-UE, e talvolta esplicitamente xenofobi e razzisti). Alla loro vigilia ci si chiedeva: cosa prevarrà alla fine? Ipotesi euroscettiche e eurofobe o la volontà di completare il Progetto europeo? In definitiva, con il voto del 2014, i conservatori del PPE (Partito popolare europeo) – pur perdendo dei voti – sono rimasti il primo partito del Parlamento europeo. I socialisti e democratici son rimasti il secondo partito, in particolare grazie ai voti italiani. (v. trionfo del PD). Un vero terremoto lo si è avuto – in particolare – in Francia (in cui il Fronte Nazionale diventò il primo partito del paese), in Gran Bretagna (dove l’Ukip travolse Tories e Laburisti) e in Danimarca. U’altra sorpresa è stata l’ellenica: in Grecia, Tsipras e la sua Syriza diventarono la prima forza politica del paese. E rinvio chi fosse interessato a più dettagli al mio Introduzione all’Unione europea Oltre la sfida del 2014 Ed. Il mio libro – Feltrinelli 2014.
Successivamente, c’è stato il Referendum britannico e la vittoria del Brexit. E ora siamo alla vigilia di elezioni in Olanda, in Francia, in Germania – (forse) in Italia – e (forse) di un Referendum indipendenza Catalogna in Spagna. Considerando la situazione geopolitica mondiale, e l’esigenza vera di risolvere i problemi veri cui i cittadini europei e di tutto il mondo sono confrontati. c’è ora da augurarsi scelte responsabili, e politici che sappiano ritrovare valori e tradizioni (cultura) di pensiero anche politico e, soprattutto, soluzioni dei problemi. Intanto, aumentano disoccupazione e disuguaglianze. Secondo il rapporto dell’ILO World Employment and Social Outlook — Trends 2017 (WESO) («Prospettive occupazionali e sociali nel mondo — Tendenze 2017») il tasso globale di disoccupazione dovrebbe aumentare lievemente dal 5,7 al 5,8 per cento nel 2017, causando un aumento di 3,4 milioni di disoccupati (tabella 1). «Siamo di fronte una doplice sfida: limitare i danni causati dalla crisi economica e sociale a livello mondiale e alla necessità di creare lavoro dignitoso per le decine di milioni di persone che ogni anno fanno ingresso nel mercato del lavoro», ha dichiarato il Direttore Generale Guy Ryder. Dal rapporto emerge inoltre che la diminuzione del numero di lavoratori poveri sta progressivamente rallentando, mettendo a repentaglio di l’eliminazione della povertà, che è un Obiettivo dell’Agenda 2013 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile. Gli autori del rapporto sottolineano la necessità di maggiore coordinamento degli interventi volti a far ripartire l’economia globale, anche attraverso misure di politica fiscale e investimenti pubblici. Questo aiuterebbe a ridurre la disoccupazione globale di circa 2 milioni entro il 2018. Tali iniziative potrebbero essere supportate dalla cooperazione internazionale.
«Promuovere la crescita economica in modo equo e solidale richiede un approccio diversificato che affronti le cause alla base della stagnazione secolare, come la disparità di reddito, e che tenga conto delle specificità di ogni paese», afferma Tobin.