Nel 2015 l’inquinamento ha provocato 9 milioni di vittime, nel 1990 erano 4,3 milioni. Un decesso su sei oggi è da attribuirsi allo smog e all’uso combustibili fossili utilizzati per il riscaldamento. E’ questa dunque la più grave minaccia per la salute dell’uomo. L’aria inquinata è causa di malattie cardiovascolari, respiratorie e tumori che provocano più di morti delle guerre, dell’Aids, di tubercolosi e malaria.
I dati sono stati diffusi dal rapporto preparato dalla Lancet Commission on Pollution & Health firmato dalla Global Alliance on Health and Pollution e dell’Icahn School of Medicine del Monte Sinai (New York).
Il progetto ha coinvolto oltre 40 autori di vari paesi del mondo. Usando dati del Global Burden of Disease, è emerso che la maggioranza dei decessi si colloca nel Sud del mondo, specie in paesi come India (2,5 milioni di morti in un anno) e Cina (1,8 milioni), travolti da una rapidissima industrializzazione.
Tra i principali responsabili di questo quadro sanitario, anche per il legame sempre più stretto tra inquinamento e cambiamento climatico, figurano i combustibili fossili: il loro uso, sommato alla combustione della biomassa nei paesi a basso reddito, produce l’85% del particolato e una quota rilevante di altri inquinanti atmosferici.
Le forme di inquinamento associate allo sviluppo industriale quali l’inquinamento atmosferico ambientale (incluso l’ozono), l’inquinamento chimico, occupazionale e del suolo fanno oggi più vittime che in passato: si è passati da 4,3 milioni nel 1990 a 5,5 milioni nel 2015.
In assenza di interventi efficaci, al 2050 l’aggravarsi del caos climatico sommato alla progressiva urbanizzazione provocherà però un aumento del 50% dell’inquinamento. “Possiamo evitarlo perché ci sono strategie ben testate e a basso costo che permettono di mantenere l’inquinamento sotto controllo: dobbiamo smettere di avvelenare noi stessi”, commenta il copresidente della Commissione, Richard Fuller.
“In particolare bisogna regolamentare l’uso di alcune sostanze chimiche particolarmente dannose, come i metalli pesanti e i distruttori endocrini che danneggiano l’apparato riproduttivo e il sistema neurologico. Purtroppo in Europa i progressi in questo campo vengono rallentati dall’azione delle lobby dei settori industriali coinvolti”, aggiunge Roberto Bertollini, l’unico italiano presente nella Commissione.