Il 28 agosto 2017, a Parigi, c’è stata una riunione internazionale cui hanno partecipato i Capi di stato e di governo di quattro Paesi Ue (Germania, Francia, Italia e Spagna) l’Alto rappresentate dell’Ue e i leader di Libia Niger e Ciad. Con questo incontro, Germania, Francia, Italia e Spagna sono tornati a diventare avanguardia del Progetto europeista. E, di fatto, parte la corsa ai fondi Ue per l’Africa (ad oggi sono stati mobilitati 1,96 miliardi). In questa corsa, l’Italia ad oggi resta al palo perché – spiegano a Bruxelles – la Cassa depositi e prestiti non è dotata di un reparto specializzato sull’Africa. Da sottolineare anche che la sfida europea nel continente africano non comporterà solo più risorse, ma anche ricerca di sostenibilità, e attenzione anche per il sociale e il rispetto dei diritti umani.
E’ NATA UN’AVANGUARDIA – Al di là dell’intesa non di poco conto sui migranti, quello che potrebbe rimanere del mini-vertice euro-africano di Parigi (28 agosto 2017) – e della successiva riunione informale a 4 (Italia Francia Germania e Spagna senza i rappresentanti di Libia Niger e Ciad) – è il consolidamento, non di un direttorio, ma di un gruppo di avanguardia, in grado di parlarsi con più efficacia rispetto ai vertici a 27 dell’Ue. “Dobbiamo pensare a un’Europa a formati diversi” guidata da un”avanguardia” di paesi “che vogliono andare più lontano” e più veloci – ha sottolineato lo stesso Presidente Macron – fresco del litigio con la Polonia (e non solo) sui lavoratori distaccati (l’uso di operai dell’Est – con retribuzioni e diritti sociali dei Paesi di origine – ha fortemente distorto il settore dell’edilizia, in particolare in Francia Germania e Belgio, ragion per cui Macron si sta battendo per una revisione delle norme che consentono differenze di retribuzione).
Italia Francia e Germania si sono già viste – insieme – a Berlino (nel giugno 2016 – quattro giorni dopo il voto sulla Brexit, con Renzi e Hollande al posto di Gentiloni e Macron), a Ventotene (nell’agosto 2016), e con la Spagna di Rajoy a Versailles (nel marzo 2017) per preparare il vertice Ue per i 60 anni dei Trattati di Roma. Successivamente c’è stato il vertice di Trieste sui Balcani occidentali, e la trilaterale (Francia Germania Italia) del luglio 2017: v. http://www.gdc.ancitel.it/inchiesta/ue-il-vertice-sui-balcani-occidentali-2017-e-la-trilaterale/. Infine, il 28 agosto 2017 – a Parigi – ci sono stati, un mini-vertice euro-africano (cui hanno partecipato anche i leader di Niger, Ciad e Libia) e una riunione informale a 4 in cui Macron, Merkel, Gentiloni e Rajoy non hanno parlato solo di migranti e terrorismo, ma anche di molti altri capitoli dell’Agenda europea (dal digitale alla web-tax) sui quali si è deciso di andare avanti con più decisione, e velocità, seppur senza chiusure nei confronti degli altri partner europei.
E se questo formato a quattro guidasse la nuova Europa? Se, Vertici a parte, ogni volta che c’è un dossier noi arrivassimo con una strategia comune?”: ha chiesto il presidente Macron (Francia), alla fine della cena con Paolo Gentiloni (Italia), Angela Merkel (Germania) e Mariano Rajoy (Spagna), riprendendo la visione dell’Unione a due velocità (con ritmi diversi di integrazione) già richiamata, alla vigilia dei 60 anni dei Trattati dal premier italiano nel marzo 2017, e sposata dalla cancelliera tedesca.
Sulla doppia velocità del processo d’integrazione europea mi sono già soffermata, più volte, sulle pagine di questo giornale: v. http://www.gdc.ancitel.it/vertice-a-4-nasce-leuropa-a-due-velocita/ e www.gdc.ancitel.it/europa-a-doppia-velocita-tre-risoluzioni-del-parlamento-europeo-sul-futuro-dell’unione. Si tratta della cosiddetta Cooperazione strutturata permanente, e Cooperazioni rafforzate a cerchi concentrici, all’interno dell’Unione. L’obiettivo è che – su alcune materie – Francia, Germania, Italia e Spagna giungano ai Vertici europei a 27 con decisioni comuni già prese. Per l’emigrazione è successo il 28 agosto 2017. Ma potrebbe accadere anche per altri temi, quali ad esempio l’Agenda digitale (in vista del summit di Tallin sull’innovazione), la web tax ( imposte pagate – o non – dai colossi americani di Internet). Per la difesa, i quattro hanno già una posizione avanzata per integrarla. E l’Alto rappresentante Federica Mogherini sta tentando di convincere gli altri paesi membri dell’Ue a lasciar andar più veloci chi vuole farlo ( i Polacchi hanno finora dato il via libera solo sull’esercito europeo).
Per i paesi dell’Est, la doppia velocità è un grave errore: “si rischia di ricreare la cortina di ferro”. Ma a Parigi, il 29 agosto scorso, Francia Germania Italia e Spagna hanno deciso di non accettare veti. E “l’Italia – sottolinea il premier P. Gentiloni – siede nel convoglio più veloce. La svolta è venuta sul fenomeno migratorio”. I confini dell’Europa – malgrado le resistenze del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia) – si spostano molto più a Sud. A Parigi sono stati adottati due documenti: uno di due pagine, redatto in lingua inglese, che indica la finalità dell’incontro; e l’altro di sette pagine, redatto in lingua francese, che entra nel dettaglio dei problemi da affrontare e da risolvere, indicando – per alcuni – genericamente la soluzione. Nei prossimi giorni, una riunione a livello ministeriale darà seguito alle decisioni prese all’Eliseo che, inoltre, saranno oggetto del prossimo vertice Ue-Africa. Per valutare l’attuazione sul terreno degli impegni presi, è stata creata una equipe operativa. E, per fare il punto della situazione, nei prossimi mesi, tra fine ottobre e inizio novembre, ci sarà un vertice in Spagna prima del summit Ue-Africa. Ma procediamo con ordine…
MIGRANTI E SBARCHI IN ITALIA – C ‘è un fenomeno epocale che va governato con progettualità, Piani di aiuto ai paesi di provenienza, e un ‘Europa che si prenda le sue responsabilità.
Accordi con la Libia, Codice per le ong, prosieguo dei salvataggi e riduzione degli sbarchi: “Quando in 36 ore sono arrivati 12.000 migranti – sottolinea il ministro dell’interno Marco Minniti – ho temuto per la tenuta sociale e democratica del nostro paese. Ho capito che andava governato il flusso migratorio e l’abbiamo fatto. Abbiamo fatto da apripista. Ora il mio assillo è il rispetto dei diritti umani“. A tal fine serve il coinvolgimento delle organizzazioni internazionali. L’Organizzazione mondiale per le migrazioni OIM è tornata in Libia dopo anni di assenza e quest’anno si è occupata di 5mila rimpatri volontari assistiti. E l’Unhcr – che mancava da Tripoli dal 1951, perché la Libia non ha sottoscritto nessuna convenzione sul rispetto dei diritti umani – nel 2017 è tornata nel paese. Sta valutando di gestire centri di accoglienza (per i richiedenti asilo o chi accetta di essere rimpatriato volontariamente) e chiede maggiore sostegno internazionale. Intanto, il flusso di migranti che arriva in Libia e poi in Italia – secondi dati Unhcr – è notevolmente diminuito negli ultimi mesi se paragonato al 2016, sicuramente grazie agli accordi del governo italiano con la Libia e soprattutto con le milizie. Sempre secondo i dati Unhcr, il 17 per cento dei migranti arrivati in Italia dal primo gennaio al 31 luglio 2017 provengono dalla Nigeria, seguiti dal Bangladesh (9%) , Guinea (9%), Costa d’Avorio (85), Mali (6%), Gambia (6%), Senegal (6%), Sudan (5%) e Marocco (5%). In misura minore l’affluenza dal Corno d’Africa (Etiopia, Eritrea e Somalia). Il motivo economico prevale per i migranti provenienti dall’Africa Occidentale (con l’eccezione di alcune aree del Mali e del Niger). I migranti della parte orientale sono invece collegati a disastri ambientali (carestia e siccità) e ad aree di conflitto, guerra e problematiche politiche. Ma passiamo all’Intesa di Parigi del 29 agosto 2017: quali sono i suoi punti principali?
INCONTRO DI PARIGI: DICHIARAZIONI FINALI – A rappresentare l’Ue, al summit c’era Federica Mogherini, Alto Rappresentate per gli affari esteri “Il lavoro congiunto – ha sottolineato la Mogherini – è cominciato e sta iniziando a portare i propri frutti. Solo insieme, sia come europei, sia con i nostri partner africani e del Mediterraneo, possiamo dare una risposta efficace. Isolarsi non porterebbe risultati”. “Abbiamo dato il via libera ad un Piano d’azione a breve termine molto rapido – ha precisato il presidente Macron nella Conferenza stampa finale – E mi sembra la risposta più efficace al fenomeno intollerabile dei trafficanti di esseri umani che hanno fatto un cimitero del deserto e del Mediterraneo e sono legati al terrorismo”. Nel Piano d’azione per il controllo dei flussi migratori si dispone “un’identificazione già nei Paesi di transito” attraverso “una cooperazione” con i Paesi africani che “prevede anche una presenza militare sul campo”.
“In Libia – ha precisato da parte sua A. Merkel – daremo sostegno concreto in modo tale che chi vive in situazioni inaccettabili possa avere un futuro accettabile. Bisogna fare una distinzione tra i migranti economici, e chi si candida ad esser davvero un rifugiato. I migranti economici devono poter rientrare nei lori Paesi” Inoltre (oltre che con una “riforma profonda” dei Trattati UE) A. Merkel si è detta d’accordo con una revisione del “sistema Dublino” che non offre soluzioni soddisfacenti, visto0 che i Paesi cosiddetti d’arrivo sono sfavoriti. A suo avviso, “hotspot” non sono “il termine ideale per designare dei centri di ricollocazione”.
“Il messaggio che viene dall’incontro di oggi è che mettendo insieme le forze, dandoci una strategia, si possono ottenere dei risultati” – ha precisato Paolo Gentiloni – Sono diffidente verso chi propone soluzioni immediate che possono cancellare questo fenomeno. Noi non rinunciamo alla nostra tradizione di accoglienza, ma questi fenomeni vanno controllati. A un modello irregolare e illegale governato dai trafficanti va sostituito un modello legale. Negli ultimi mesi anche nella rotta del Mediterraneo centrale abbiamo conseguito dei risultati, ma sono risultati iniziali che vanno consolidati. E questo impegno va ‘europeizzato’, perché non può essere l’impegno di un solo Paese o di qualche Paese. Deve essere un impegno europeo”.
“Quanto accaduto di recente a Barcellona deve darci la consapevolezza che siamo davanti a un fenomeno globale e che bisogna unirsi dinanzi a questa battaglia – ha sottolineato il presidente del governo spagnolo Mariano Rajoy – La questione migratoria non si risolve da un giorno all’altro, ma bisogna cominciare a fare passi nella direzione giusta”, anche “generando sviluppo” nei Paesi di origine, “eliminando le mafie” dei trafficanti e controllando le “nostre frontiere e le nostre coste”.
Un ringraziamento all’Italia per il suo impegno sul tema migranti è arrivato da tutti i leader presenti. Anche dal leader libico Al-Sarraj: “Esprimiamo gratitudine nei confronti dell’Italia per la formazione e la dotazione della Guardia costiera libica che ha già permesso di salvare molti migranti” – ha precisato Al-Sarraj – La Libia non è un Paese di origine dei migranti, ma la vittima di una piaga. E’ necessario rafforzare la guardia costiera locale per fronteggiare meglio le bande di criminali e di scafisti”.
Oltre a Francia, Italia, Germania, Spagna e Libia, al vertice erano presenti anche i leader del Ciad e del Niger. “La povertà, la disoccupazione, la mancanza d’istruzione spinge alla migrazione e questa questione va trattata ai massimi livelli da tutti i Paesi africani. I migranti vanno ad ingrossare le file del terrorismo, ma finché la crisi della Libia non è risolta non credo che potremo trovare soluzioni definitive”, ha detto il presidente del Ciad Idri Deby Itno. “Per ora – ha aggiunto – siamo impegnati a tenere una dinamica che consenta di limitare i danni nel Mediterraneo, ma la domanda è: che cosa faremo dopo?”.
Sulla stabilizzazione della Libia concorda anche Mahamadou Issoufou, presidente del Niger: “È necessario stabilizzare la Libia con il sostegno ai Paesi che lottano contro Boko Haram. Il Niger è molto impegnato nella lotta contro le immigrazioni irregolari, è insopportabile che migliaia di africani muoiano nel deserto e nel Mediterraneo. Abbiamo bisogno di rafforzare la nostra capacità di sicurezza e poi lo sviluppo. Questo piano, oggi, fa queste proposte e mi fa piacere avere l’appoggio dell’Ue”. Ma cosa prevedono i due documenti adottati a Parigi?
LE DECISIONI DELL’INTESA DI PARIGI – Intensificazione dei rimpatri volontari; creazione di Centri aperti, con standard umanitari rispettati; “missioni di protezione” , cioè, invio (da parte di Italia Francia Germania e Spagna) di militari che aiutino le forze sul posto ad attuare più rapidamente le procedure di identificazione, ma anche a mantenere una maggiore stabilità dei governi africani interessati ai flussi migratori. Sono questi – in estrema sintesi – i punti essenziali dell’Intesa di Parigi.
Nessuna apertura su porti alternativi a quelli italiani o greci dove far attraccare le navi che salano i migranti. Ma, bene il Codice italiano sulle Ong. Bene le intese strette dall’Italia con la Libia e i paesi dove operano i trafficanti di esseri umani (la stabilizzazione della Libia è stata riconosciuta una “necessità assoluta per la pace” – e la cooperazione tra Italia e Libia sui flussi migratori è stato vista come “un perfetto esempio di quello che vogliamo realizzare” insieme ad un aumento del controllo delle acque libiche). Giusto – anche – lavorare per rivedere Dublino per non lasciare a Italia e Grecia tutto il peso dell’accoglienza. A Parigi, Macron Merkel e Rajoy hanno fatto proprio il Piano messo a punto dall’Italia di Gentiloni per gestire i flussi migratori e sostenere questi paesi africani dove povertà e disperazione forniscono braccia al terrorismo jihadista.
C’è da attendere l’avvio della Task force operativa, ma Francia Germania e Spagna e l’Alto rappresentante UE fanno proprie le politiche messe in atto dal governo italiano e, in presenza dei leader di Ciad Niger e Libia si sono impegnati a sostenerle anche economicamente. Ai 60 milioni di euro che l’Italia ha già impegnato in progetti nelle regioni dovrebbero aggiungersene altri. Il Documento – pur senza definire cifre nel dettaglio – parla chiaramente dell’impegno finanziario dell’Europa , tra l’altro, per trasformare quelli che sono stati definiti veri e propri lager in centri di accoglienza, e “per evitare le partenze e migliorare la capacità di permettere il rimpatrio dei clandestini nei loro paesi di origine”.
“Per fermare i flussi migratori e aiutare queste persone nei loro Stati d’origine – sottolinea il ministro dell’Interno Marco Minniti (come del resto anche Tajani, Presidente del Parlamento europeo) – serve almeno quanto è stato speso per la rotta dei Balcani”. E cioé: “ 3 miliardi di euro subito. E poi altri 3 miliardi perché il traffico degli esseri umani è attualmente la principale attività economica in alcune realtà libiche, a cominciare da Sabrata, e per combatterlo occorre fornire sostegno ai sindaci delle città libiche, nostri principali alleati. In cambio vogliamo la garanzia che vengano rispettati i diritti”.
Per fermare la rotta migratoria dal Corno d’Africa, l’Ue ha stipulato anche un finanziamento di 217 milioni di euro con il Sudan, e il suo presidente Omar al-Bashir (ricercato per crimini contro l’umanità). Negli ultimi mesi, per lavorare sull’Africa, l’Unione europea ha creato due fondi:
– il Trust Fund (per favorire il rimpatrio dei migranti economici);
– il Piano di investimenti esterni (per creare occupazione nei Paesi di origine dei migranti).
Un patto tra sviluppo e profitto con l’Europa che aiuta l’economia africana, e le sue aziende ad espandersi in un continente finora dominio della Cina (su questo punto mi sono soffermata anche nella mia Introduzione all’Unione europea Oltre al sfida del 2014 Il mio Libro – Feltrinelli 2014).
“In partenariato con l’Ue, la Germania, la Spagna, la Francia e l’Italia – recita il Documento comune – continueranno a migliorare la cooperazione economica con le comunità locali che si trovano lungo le rotte migratorie, in particolare nella regione dell’Agadez (Niger) e in Libia, al fine di creare fonti di guadagno alternative e renderle indipendenti dai trafficanti di esseri umani. In questo senso , il progetto italiano di cooperazione con 14 comunità locali sulle rotte migratorie in Libia è molto opportuno”. “Gli sforzi per scoraggiare la migrazione irregolare in mare devono essere accompagnati da misure volte a migliorare la tutela di diritti umani e le condizioni di vita dei migranti in Libia”.
Un capitolo a parte è dedicato a Niger e Ciad. E adesso si guarda anche al confine con il Mali. Per questo Ue, Germania, Francia e Spagna si impegnano a sostenere il progetto italiano in collaborazione con la Commissione europea per rafforzare la gestione integrata delle frontiere e delle migrazioni in Libia. E sostengono l’attuazione dell’accordo di pace firmato a Roma il 31 marzo 2017 dalle tribù della Libia meridionale “quale strumento aggiuntivo per combattere la tratta illegale della regione”.
Ciò detto, non manca chi evidenzia il fatto che, in Libia, restano ancora nodi di difficile soluzione: dalla rivalità al fatto che né l’Europa né i Paesi arabi hanno sulla Libia una vera posizione condivisa (Italia Ue e Onu puntano su Fayez Al-Sarraj che non controlla nemmeno tutta Tripoli, a Bengasi e vaste aree del deserto libico comanda invece il generale Khalifa Haftar); dalla diffusione del business dei migranti – accanto al business di petrolio e gas – alla resilienza di bande terroristiche islamiste, non solo dell’Isis, che minacciano non solo la Libia ma Egitto e Tunisia (e in prospettiva l’Algeria). Una cosa è certa: le difficoltà non mancano. Ma, a mio avviso, non ci sono vere alternative. La strada dello sviluppo – economico, sociale e culturale – dei paesi africani resta quella da perseguire.
IL NODO DELLE REGOLE DI DUBLINO – Il peso politico della Dichiarazione di Parigi potrebbe cambiare gli equilibri, isolare Austria, Polonia, Ungheria e Repubblica ceca, e (dopo un anno di stallo) rilanciare il negoziato per la riforma delle regole di Dublino. Considerato il blocco in Consiglio, finora, il Parlamento europeo ha lavorato al rilento. Ma, ora, l’iter del voto sulla proposta della Commissione europea del 2016 – inizialmente previsto per il 12 ottobre e quello in plenaria a novembre – sarà accorciato. E , grazie all’apertura di Angela Merkel, il testo – già favorevole all’Italia – potrebbe essere migliorato con 25 emendamenti (in gestazione). L’idea della proposta di riforma presentata dalla Commissione europea nel 2016 era di scardinare il principio del Paese di primo ingresso (che ha sfavorito Italia e Grecia) che prevede che sia il primo Stato europeo nel quale entra il migrante a esaminare la domanda di asilo ed eventualmente accoglierlo. La riforma prevede che i migranti vengano redistribuiti tra i 27-28 ogni volta che le capacità di accoglienza di uno Stato sia sotto stress, rendendo obbligatorio e automatico il sistema emergenziale di riallocazione lanciato due fa da Bruxelles e boicottato dai paesi dell’Est. Il Parlamento europeo proverà a rendere più rapido il meccanismo, determinando le quote che spettano a ogni paese e facendo sì che vengano redistribuiti tutti i migranti, non solo chi ha diritto all’asilo, e che sia il nuovo Stato ospitante a decidere chi ha diritto alla protezione e chi rimpatriare in modo da alleggerire il carico sulle spalle del Paese di primo ingresso. A questo punto, resta da seguire gli sviluppi del tutto.