I cambiamenti climatici – il cui impatto sarà particolarmente forte nell’Europa meridionale e nell’area mediterranea (per l’aumento delle temperature, la riduzione delle precipitazioni e la maggiore frequenza di eventi estremi quali ondate di calore, precipitazioni intense, ecc.) – rappresentano una delle sfide più rilevanti su scala globale. Di qui, la necessità di promuovere – a vari livelli e scale – l’adozione di Strategie e azioni di Adattamento ai cambiamenti climatici (in Italia dal giugno 2015 c’è la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici) e l’elaborazione di un Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), per cui, è tuttora in corso una consultazione pubblica (aperta) che si chiuderà il 15 marzo. Intanto, il 28 febbraio 2017, all’ordine del giorno dei lavori dei ministri dell’ambiente dell’Unione europea c’erano più questioni: il riesame del Sistema di scambio di quote di emissione (ETS), l’attuazione del Programma di sviluppo sostenibile e della Politica per l’ambiente, un semestre europeo più verde ecc. L’Unione europea, per decenni, ha sostenuto una posizione avanzata nella tutela dell’ambiente e nella difesa dai cambiamenti climatici. Ma attualmente, i paesi membri dell’UE restano divisi su due fronti: il fronte più avanzato dei Paesi che vogliono davvero ridurre le emissioni gas/alteranti, e paesi meno ambiziosi. La Svezia – che guida i paesi progressisti – sarebbe disponibile acquistare e “congelare” le emissioni in eccesso presenti sul mercato
I – RIESAME DEL SISTEMA DI SCAMBIO DELLE QUOTE DI EMISSIONE (ETS) – L’Emission Trading Scheme (EU ETS) è stato concepito per aiutare l’Unione europea a mantenere gli impegni assunti con il Protocollo di Kyoto. E’ il meccanismo europeo di scambio delle emissioni il cui obiettivo dovrebbe essere quello di far pagare gli emettitori di CO2 per disincentivarli dal bruciare combustibili fossili e rendere disponibili risorse per le tecnologie pulite e il risparmio energetico. Con le misure adottate nel 2009, sono state apportate modifiche sostanziali: un tetto massimo di emissione di gasalteranti valido per tutta l’UE; un passaggio significativo alla vendita all’asta delle quote; parametri di riferimento armonizzati per assegnazione gratuita di quote (all’industria) in via transitoria.
Perché riformarlo? – La crisi economica ha contribuito al calo delle emissioni, e ridotto la domanda di quote di emissioni. Ciò ha portato (insieme ad altri fattori) alla diminuzione del prezzo del carbonio e all’accumulo di un’ingente eccedenza di quote nel sistema, con il rischio che l’EU ETS non riesca a fornire incentivi per ridurre le emissioni in maniera efficiente in termini di costi né a stimolare l’innovazione a basse emissioni di carbonio. Il sistema è in sofferenza a causa di un elevato volume di “diritti di emissione” (EUA, European Union Allowances) presenti sul mercato, che ha comportato una riduzione del loro valore. Attualmente esistono almeno 3 miliardi di allowances in eccesso (e potrebbero aumentare a 6-7 miliardi tra il 2021-2030).
Inoltre ad alcuni settori industriali viene riconosciuta una distribuzione gratuita di “permessi d’emissione” (le free allowances) perché altrimenti potrebbero subire una delocalizzazione della produzione verso Paesi al di fuori dell’Europa con regole ambientali meno efficaci. Questo rischio – definito carbon leakage – non si è ancora realizzato in alcun caso. “L’industria energivora – precisa Carbon Market Watch – ha ricevuto un volume eccessivo di free allowances, che nel periodo 2008-2015 hanno garantito extra-profitti per un valore di 7,5 miliardi di euro (cifra cui andrebbero aggiunti, secondo alcune analisi, anche 16,8 miliardi di euro generati dalla capacità dell’industria di far ricadere sui propri clienti a valle i “costi” teoricamente sostenuti per acquistare diritti di emissione ottenuti invece gratis)”.
La riduzione almeno del 40% delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) è uno degli obiettivi concordati dal Consiglio europeo, nell’ambito del Pacchetto Clima-Energia 2030. Poiché l’EU ETS è il principale strumento per raggiungere questo obiettivo, la sua riforma è oramai necessaria per garantire un sistema ben funzionante. Inoltre, questo riesame è il primo passo che dovrebbe preparare l’Unione europea a dare il proprio contribuito al raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo globale sui cambiamenti climatici (raggiunto a Parigi il 12 dicembre 2015 nel quadro della COP21) che prevede un Piano d’azione per limitare il riscaldamento globale “ben al di sotto” dei 2ºC; e che si applicherà a partire dal 2020.
A che punto siamo? – A livello europeo, la revisione dell’ETS deve essere negoziata e adottata secondo la procedura legislativa ordinaria (il Consiglio è quindi co-legislatore insieme al Parlamento europeo). Il primo passo di questa riforma, è stata la decisione di creare la riserva stabilizzatrice del mercato per l’EU ETS (con lo scopo di correggere l’ingente eccedenza di quote di emissione che si è accumulata e di rendere il sistema più resiliente agli squilibri tra domanda e offerta). Successivamente, il 15 luglio 2015 la Commissione ha presentato una seconda proposta, che contiene un riesame più ampio dell’EU ETS. La proposta intende trasformare in legge gli Orientamenti del Consiglio europeo sul ruolo che l’EU ETS dovrebbe svolgere nel conseguimento dell’obiettivo dell’UE di ridurre le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030. Le modifiche proposte mirano anche a promuovere l’innovazione e l’utilizzo delle tecnologie a basse emissioni di carbonio, contribuendo alla creazione di nuove opportunità per l’occupazione e la crescita, e mantenendo (nel contempo) le salvaguardie necessarie per proteggere la competitività industriale in Europa.
Poi, il Parlamento Europeo ha adottato una Proposta di riforma che – non producendo cambiamenti sostanziali – non permette all’ETS di raggiungere il suo obiettivo principale: incentivare investimenti in tecnologie a intensità di emissioni climalteranti e guidare il processo di decarbonizzazione del settore energetico..Il voto in plenaria ha annacquato la posizione espressa dalla Commissione Ambiente. Ad esempio, il rapporto della Commissione Ambiente prevedeva un nuovo meccanismo (definito “border adjustment measure) di protezione per il settore a rischio di carbon leakage – alternativo all’elargizione di free allowances – che il Parlamento europeo in plenaria non ha adottato per l’azione intensiva di lobby da parte dell’industria cementiera. Di conseguenza, il mondo ambientalista ha considerato la proposta del Parlamento europeo del tutto inadeguata ad affrontare l’attuale crisi del sistema ETS. E l’Agenzia europea per l’ambiente ha parlato di un rischio “di stallo per quanto riguarda la riduzione delle emissioni nei prossimi 15 anni”. 54
Il Consiglio Ambiente (del 28 febbraio) – cioè la riunione dei Ministri dell’ambiente dei paesi membri dell’Unione europea – rischiava di fare lo stesso. Tra gli stati membri, il principale punto di disaccordo resta la parte di quote da mettere all’asta (la Commissione europea ha proposto il 57%). I temi più dibattuti sono da una parte, quelli relativi ai “diritti di emissione” concessi gratuitamente (free allowances) a determinati settori industriali; d’altra parte, un volume complessivo di “diritti di emissione” eccessivo (rispetto al livello effettivo delle stesse) a causa della crisi economica che dal 2008 ha colpito i comparti industriali responsabili della maggior parte delle emissioni climalteranti, dalle raffinerie alle cementerie. Posizioni diverse sono riscontrabili anche circa i meccanismi di finanziamento (il Fondo per l’innovazione, i Fondi per la modernizzazione e l’allocazione transitoria di quote a titolo gratuito per la modernizzazione del settore energia): alcuni stati chiedono condizioni supplementari per il tipo di progetti finanziabili, altri considerano quelle in esame sufficiente, altri ancora si oppongono a criteri più restrittivi.
Alla fine – il 28 febbraio 2017 – Il Consiglio Ambiente (cioè i ministri dell’UE) ha adottato una posizione negoziale. Nel complesso si tratta di un miglioramento anche se è ancora ben lungi dal quello che sarebbe necessario per trasformare il sistema ETS in una politica di mitigazione funzionante in linea con Parigi. Il mandato è stato approvato da 19 Stati membri (71.44% dei voti). Hanno votato contro: Bulgaria, Croazia, Cipro, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania.
Il compromesso raggiunto spiana la strada, a sua volta, al negoziato con Commissione ed Europarlamento per definire il funzionamento del sistema Ets del prossimo decennio, con lo scopo di ridurre del 43% le emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 2005. Alcune richieste avanzate dell’Italia sono state accolte (per esempio sulla compensazione dei costi indiretti e sull’assegnazione delle quote gratuite) ma, alla fine, una delle proposte è stata approvata senza la necessaria discussione preventiva. Per questa ragione di metodo, l’Italia si è espressa contro l’accordo.
Rivendicazioni ambientaliste italiane…. – Alla vigilia del Consiglio Ambiente (28 febbraio 2017), le associazioni ambientaliste italiane sottolineavano: “grazie a obiettivi di riduzione delle emissioni troppo modesti, furbizie, scappatoie che hanno permesso di partire da livelli di emissione superiori a quelli reali, creando un surplus di quote, nonché generose elargizioni di quote gratuite il sistema ETS in questi anni non è riuscito a raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni in modo efficace e a fornire alle industrie quell’incentivo reale a innovare, contribuendo così a trasformare il sistema energetico e industriale nella direzione della decarbonizzazione”. Il prezzo delle quote ETS si è attestato ad appena 4 euro per tonnellata di CO2 nel 2016, mentre il surplus di emissioni accumulatosi nel sistema è continuato a crescere, fino a raggiungere 3 miliardi di tonnellate di CO2”.
Ragion per cui – spiegano (in una loro Nota congiunta) Greenpeace, Legambiente, WWF, Italian Climate Network, Coordinamento Free e Kyoto Club – “I Ministri dell’Ambiente devono assumere l’iniziativa e l’Italia deve avere un ruolo attivo per trasformare finalmente l’ETS in uno strumento utile per la decarbonizzazione dell’economia europea. (…) Ci auguriamo di non sentire ancora piagnistei per conto delle aziende energivore che lamentano la non competitività per il prezzo dell’energia, quando invece godono di cospicui sconti in bolletta, e propongono una visione industriale di stampo ottocentesco. (…) Si faccia piuttosto piena luce sui sussidi diretti e indiretti dati loro sulla bolletta e sulle sovra-allocazioni di quote gratuite ricevute da questi settori”.
II – ALTRE PRIORITA’ UE… – Circa lo sviluppo sostenibile, il 28 febbraio, i Ministri hanno esaminato,da una parte in che modo mettere in pratica l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, concentrandosi, in particolare, su cosa ciò significhi per la politica ambientale dell’UE (ad esempio, hanno valutato come meglio coinvolgere i cittadini e il settore privato); d’altra parte, la Comunicazione della Commissione “Prossime tappe per un futuro europeo sostenibile”. All’ordine del giorno del 28 febbraio, c’era anche l’inverdire del semestre europeo (i ministri hanno proceduto a uno scambio di opinioni sull’Analisi annuale della crescita 2017 e sul ruolo dello sviluppo sostenibile e dell’ambiente); e il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali (v. nuovo strumento inteso ad affrontare le carenze nell’attuazione della legislazione e delle politiche ambientali).