Il Consiglio europeo, composto dai Capi di Stato o di governo dei Paesi membri dell’Unione europea (UE), non va confuso né con il Consiglio (definito Consiglio UE o Consiglio dell’UE), di fatto, Consigli settoriali di ministri; né con il Consiglio d’Europa (altra organizzazione internazionale, dall’UE distinta e separata). Per l’Italia, il Consiglio europeo del 15 dicembre 2016 è stato il primo vertice con Paolo Gentiloni, quale Presidente del Consiglio. In mattinata, il Premier ha partecipato alla riunione dei leader della famiglia socialista (oltre a una linea comune sui temi all’ordine del giorno del vertice, i leader Pse hanno discusso il prossimo rinnovo del Presidente dell’europarlamento, cui sono candidati anche Gianni Pittella-Pse e Antonio Tajani-Ppe). Al centro dell’Agenda del vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue del 15 dicembre – aveva annunciato Donald Tusk Presidente del Consiglio europeo, nella sua lettera di convocazione – ci saranno difesa comune, immigrazione e temi economici.
Ciò detto – per punti essenziali – cosa è emerso da questo vertice?
Brexit – Il Consiglio europeo si è concluso con una cena a 27: assente la Gran Bretagna. Quando sarà attivato l’art. 50 sarà il Consiglio europeo – alle cui riunioni preparatorie parteciperà anche il Parlamento europeo – a delineare le Linee guida per il negoziato che sarà condotto dalla Commissione europea.
Migrazione (Turchia, migration Compacts, Piano di azione di La Valletta, ecc.) – Concordato al Vertice sulla migrazione del 11-12 novembre 2015, il Piano di azione di La Valletta include una serie di azioni: presa in conto delle cause profonde della migrazione irregolare; miglior cooperazione sulla migrazione legale e la mobilità; rafforzare la protezione dei migranti e dei richiedenti asilo; miglior cooperazione in materia di rimpatrio, riammissione e reinserimento; prevenire e combattere la migrazione irregolare, il traffico dei migranti e la tratta di esseri umani. In esito al Vertice, è stato inoltre lanciato un Fondo fiduciario d’emergenza dell’Unione europea per la stabilità e la lotta contro le cause profonde della migrazione irregolare e del fenomeno degli sfollati in Africa (con una dotazione di 1,8 miliardi di euro, finanziato in parte dal bilancio UE e in parte da contributi degli Stati membri): il Fondo ha finanziato misure di sostegno a molti Paesi africani (tra gli altri, a Niger, Mali, Senegal, Mauritania e Burkina Faso) per creare lavoro, per rafforzare sicurezza e contrasto al terrorismo, per gestire la migrazione e contrastare il traffico e tratta di esseri umani. Tuttavia, la riforma del diritto d’asilo presentata a suo tempo dalla Commissione europea – e che prevede il ricollocamento dei profughi nei casi di emergenza – è di fatto bloccata.
Sull’immigrazione – osserva lo stesso Presidente Tusk – “sono stati fatti importanti passi avanti, soprattutto per quanto riguarda le frontiere esterne, ma c’è ancora del lavoro da fare”: eufemismo che cela (e non menziona) il rifiuto da parte di alcuni governi di applicare la decisione Ue sulle quote di ricollocamento negli altri paesi membri di 160.000 rifugiati provenienti da Italia e Grecia. Nell’Agenda del Consiglio europeo del 15 dicembre 2016 erano quindi citati gli accordi di rimpatrio, l’intesa con la Turchia e la questione di Schengen, ecc. C’era da discutere degli accordi con i Paesi di partenza (con la possibilità di estendere queste intese ai Paesi asiatici). E c’era da passare in rassegna “i progressi fatti” in particolare per quanto riguarda l’attuazione dell’accordo sui rifugiati con la Turchia e i meccanismi finanziari degli accordi cosiddetti “migration compacts” con i Paesi di origine e di transito dei migranti.
Cosa è stato poi deciso?
Circa la Turchia, spaccando l’Unione europea, l’Austria ha chiesto il congelamento dei suoi negoziati di adesione all’UE. Molti governi (e non solo Vienna) sono in ansia, alla luce della deriva autoritaria del presidente turco Endorgan, comunque – “per meglio gestire i flussi migratori dal Vicino Oriente” – il vertice del 15 dicembre ha ribadito il proprio impegno nei confronti della dichiarazione UE-Turchia (e relativo Piano di azione). Inoltre, i leader hanno rinnovato il sostegno dei paesi situati lungo la rotta dei Balcani occidentali. Ricordata l’attuazione dei Patti conclusi con 5 Paesi africani di origine o di transito nel quadro del cosiddetto “migration compacts”, hanno evidenziato la possibilità di prendere in considerazione Patti aggiuntivi o altre forme di cooperazione; e hanno dato il benvenuto al Presidente del Niger. Hanno sottolineato la necessità di potenziare il sostegno alla guardia costiera libica (anche attraverso EUNAVFOR MED); e l’importanza di risorse adeguate per l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO) e la guardia di frontiera e costiera europea. E ancora ”gli stati membri – si legge nelle Conclusioni del vertice – dovrebbero intensificare ulteriormente gli sforzi volti ad “accelerare la ricollocazione, in particolare dei minori non accompagnati, e i programmi di reinsediamento esistenti”.
Circa la migrazione – Paolo Gentiloni ha messo in chiaro (già nel corso del discorso alla Camera per la fiducia) che il nuovo esecutivo non attenuerà i toni rispetto al precedente: “Non è accettabile, e ancor meno lo sarebbe nel quadro di un’ipotetica riforma del regolamento di Dublino che passi un principio di un’Europa troppo severa su alcuni aspetti delle politiche di austerity, e troppo tollerante nei confronti di paesi che non accettano di assumere responsabilità comuni sui temi dell’immigrazione”. Alla vigilia del vertice sottolineava: “Oggi la principale questione che affronteremo tra tante sarà l’immigrazione: sapete che da questo punto di vista l’Italia è molto esigente, perché non siamo ancora soddisfatti della discussione sul regolamento di Dublino che fissa le regole dell’accoglienza dei rifugiati. Abbiamo lanciato un programma per fronteggiare insieme i fenomeni migratori dall’Africa, l’abbiamo lanciato a gennaio ci aspettiamo risultati concreti. (…) Oggi sarà fatto un passo avanti, importante perché insieme a Francia e Germania con il Niger firmeremo un primo accordo che vale un centinaio di milioni e cerca di mettere piu’ forza nella gestione dei flussi migratori dal Niger verso la Libia. Consideriamo che il Niger è l’anticamera dei flussi verso la Libia: nel contesto di un politica che deve fare molti passi avanti adesso, con Hollande e Merkel e insieme al presidente nigerino Mahamadou Issoufou ne facciamo uno piccolo ma significativo”.
Di fatto, le conclusioni del summit europeo sono in particolare incentrate sulle politiche per chiudere ulteriormente le frontiere, e per trasferire la questione dei rifugiati in Turchia e in Africa. “Non avevamo molta speranza che questo ultimo Consiglio sotto la presidenza slovacca avrebbe preso decisioni per una maggiore protezione dei rifugiati in Europa né che avrebbe espresso una maggiore solidarietà con l’Italia”- dichiara Christopher Hein, portavoce del Consiglio italiano per i Rifugiati (CIR) – “ma non ci aspettavamo neanche questa totale dicotomia tra la gestione del fenomeno migratorio e i valori fondamentali dell’Unione. Non ci aspettavamo che l’Italia, l’unico paese del continente dove si verifica un costante aumento degli arrivi e del numero di richiedenti asilo e che ormai dà accoglienza a 180.000 persone che cercano un posto sicuro, non venisse nemmeno menzionato nel documento conclusivo …Le immagini drammatiche da Aleppo in questi giorni, la fuga disperata dalla città siriana bombardata, violentata, non hanno intaccato la convinzione di chi a Bruxelles e nelle capitali degli Stati membrii ha deciso che i rifugiati devono stare a casa loro e che comunque non devono venire da noi. Decisivi per il futuro del diritto d’asilo in Europa saranno i prossimi 6 mesi, periodo in cui secondo le decisioni prese si dovrà concludere, sotto la Presidenza maltese, la riforma del sistema “Dublino” nonché delle normative sull’accoglienza dei richiedenti asilo, sulla procedura e sui diritti dei rifugiati riconosciuti. “Possiamo solo augurarci che l’Italia alzi la voce, non solo per rivendicare maggiore solidarietà da parte degli altri Stati ma innanzitutto per esigere maggiore solidarietà con chi arriva in Europa in cerca di un rifugio”, conclude Hein.
Sicurezza – Rilancio della cooperazione – anche industriale, promuovendo l’interoperabilità dei sistemi e investimenti più coordinati per evitare “doppioni”- nel campo della difesa. La collaborazione dovrà farsi “in accordo con la Nato” ed “evitando la duplicazione delle attività e garantendo la complementarietà tra l’UE e la NATO, per quanto riguarda le minacce ibride, le questioni marittime, la cibersicurezza, la comunicazione strategica, le capacità di difesa, l’industria e la ricerca nel settore della difesa, le esercitazioni, e lo sviluppo di capacità di difesa e sicurezza” dell’Unione”. In merito, finora, la Gran Bretagna ha tradizionalmente bloccato qualsiasi integrazione. Uno degli effetti positivi della Brexit è la spinta ad andare oltre, implementando la cooperazione in tema di difesa.
Sviluppo economico e sociale, e gioventù – Il 15 dicembre 2016, i leader hanno preso atto della proposta di prorogare il Piano Juncker sugli investimenti strategici; delle recenti iniziative per formazione, istruzione e mobilità dedicate ai giovani (sollecitando il proseguimento della garanzia per i giovani); dell’opportunità di valutare “l’impatto dell’integrazione della politica industriale nelle iniziative strategiche dell’UE e azioni i volte a consolidare e modernizzare la base industriale del mercato unico”. Hanno ribadito l’importanza delle varie strategie per il mercato unico e l’Unione dell’energia.. Nella fase negoziale tra le delegazioni nazionali, alcuni Paesi hanno ottenuto che nelle conclusioni fosse sottolineata la necessità di completare l’Unione bancaria (sullo sfondo c’è l’annosa questione della garanzia unica dei depositi, bloccata da alcuni Paesi fin tanto che i bilanci bancari non saranno risanati e che delicate elezioni nel corso del 2017 non saranno alle spalle).
Ucraina, Siria, Russia – Il presidente francese François Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno riferito sullo stato di attuazione degli accordi di Minsk e sulla situazione in Siria. L’Alto rappresentante Mogherini ha (tra l’altro) rievocato aiuti umanitari UE e quanto fatto a livello politico.
Circa la Russia: Roma è sempre stata orientata a una normalizzazione dei rapporti con Mosca, tema sul quale l’Italia potrebbe essere di nuovo protagonista. E se (con la nomina a segretario di Stato di Rex Tillerson, amministratore delegato di ExxonMobil e amico di Vladimir Putin) i rapporti Usa-Russia vanno verso il disgelo – in Europa – potrebbe essere proprio il nostro Paese (che nel 2017 ospiterà il G7) la sponda di Washington in questa direzione. Strada però a Bruxelles tutta in salita, non solo per le riserve dei Paesi centro-orientali, ma anche visti gli sviluppi ad Aleppo (città assediata da cinque anni e caduta nei giorni scorsi nelle mani del regime di Bashar el-Assad) ancora una volta teatro di stragi compiute dal regime di Assad con il supporto russo. Sulla Siria – ha sottolineato Paolo Gentiloni alla fine del vertice – “la diplomazia vive uno dei suoi momenti più difficili. Non è facile dare un contributo, ci siamo concentrati sulla dimensione umanitaria e abbiamo avuto una discussione conclusasi, per fortuna, senza considerare l’ipotesi, che a mio avviso sarebbe stata sbagliata, di agire con sanzioni contro la Russia. Ipotesi che è girata, è stata rinnovata anche nella riunione di oggi» ma non è passata, ha aggiunto il premier. Alcuni Paesi, come la Francia e la Gran Bretagna, insistono per misure sanzionatorie contro la Russia per il suo coinvolgimento nella crisi siriana e nel dramma di Aleppo.
Le conclusioni del Vertice condannano “energicamente il continuo assalto contro Aleppo da parte del regime siriano e dei suoi alleati, segnatamente la Russia e l’Iran, compresi gli attacchi deliberati a danno di civili e ospedali”. E lanciano un appello al regime e alla Russia, e a tutte le parti coinvolte nel conflitto siriano, affinché attuino 4 misure d’emergenza (evacuazione, assistenza e protezione, degli abitanti della parte orientale di Aleppo, e applicazione del diritto internazionale umanitario, protezione del personale medico e delle strutture sanitarie). E chiedono che le ostilità in Siria cessino immediatamente.
Circa l’Ucraina, sono state esaminate le possibili vie d’uscita dalla situazione di stallo in cui si trova l’Accordo di associazione UE-Ucraina, dopo il referendum che ne ha bocciato la ratifica nei Paesi Bassi. Gli elettori olandesi – in quanto preoccupati da un nuovo allargamento dell’Unione – con un Referendum non vincolante hanno bocciato l’intesa. Di conseguenza, per ottenere il via libera parlamentare, il Primo ministro olandese ha chiesto (e ottenuto) una Dichiarazione giuridica che sottolinei come l’intesa con l’Ucraina non comporti la prossima adesione del Paese all’Unione europea. Intanto il vertice ha ribadito “il suo impegno nei confronti del diritto internazionale e dell’integrità territoriale dell’Ucraina.. e che lo scopo degli Accordi di associazione è sostenere i paesi partner nel percorso verso una democrazia stabile e prospera, e riflettere l’importanza strategica e geopolitica che l’Unione europea annette al contesto regionale”.