La sentenza n. 85/2017 della Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità dell’art. 7, c.8, della Legge Regionale Puglia n.38/2011 nella parte in cui prevede l’applicazione dell’aliquota massima del tributo speciale per il conferimento in discarica dei rifiuti solidi per gli scarti e i sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio nella Provincia di Lecce.
La questione è sorta nel corso di un giudizio dinanzi al TAR Puglia – sezione Lecce – da alcuni Comuni nei confronti della Regione e della Provincia per l’annullamento della determinazione avente ad oggetto la misura dell’aliquota relativa alla fattispecie di rifiuti sopra indicata che, ad avviso dell’ente impositore andava applicata nella misura massima, anziché con la riduzione al 20 per cento.
Il giudice a quo ha rilevato la non manifesta infondatezza della norma regionale per violazione degli articoli 117, secondo comma, lettera e) e 119 della Costituzione, per invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e di perequazione delle risorse finanziarie.
La Consulta ha rilevato che dall’ordinanza di rimessione emergono due circostanze:
– i rifiuti che la determinazione regionale assoggetta all’aliquota massima del tributo speciale provengono dalla raccolta indifferenziata;
– i rifiuti sono depositati nelle discariche dopo appositi trattamenti che mirano a separare – oltre al materiale ferroso recuperabile – una frazione secca destinata alla produzione di energia sotto forma di carburante e una frazione umida destinata alla discarica.
Si tratta allora di accertare se ai rifiuti così conferiti sia applicabile l’art.3, comma 40, della Legge n.549 del 1995, che fissa nella misura del venti per cento il tributo speciale in questione per gli scarti ed i sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio.
La Regione Puglia sostiene che la disposizione agevolativa dell’art.3, comma 40, non può essere applicata ai rifiuti da raccolta indifferenziata, perché il loro trattamento produce una quantità considerevole di sovvallo, al contrario di ciò che avviene nel caso di trattamento dei rifiuti differenziati.
Il giudice a quo, invece, ha sostenuto che il suddetto articolo richiederebbe quale unico presupposto il deposito in discarica dei rifiuti in questione a prescindere dalle modalità di raccolta, differenziata o indifferenziata.
La Corte Costituzionale ha ritenuto che la norma regionale contestata si basa sul presupposto che l’aliquota massima si applica perché in difetto del raggiungimento delle percentuali minime di raccolta differenziata previste si tratterebbe di ordinari rifiuti solidi urbani. L’agevolazione fiscale trova spiegazione nel fatto che il legislatore riconosce agli scarti ed ai sovvalli degli impianti di selezione automatica , di riciclaggio e di compostaggio la natura di rifiuto non ulteriormente riducibile in ogni processo di smaltimento e perciò meritevole di un trattamento più favorevole rispetto agli altri rifiuti. Quanto agli altri materiai che il comma 40 sottopone allo stesso trattamento, si deve ritenere, in linea con la giurisprudenza di legittimità, che il legislatore riconosce alle sostanze che vengono incenerite una minore capacità inquinante per il fatto di essere comunque bruciate e non conferite in discarica.
Quanto alla pretesa violazione dell’art. 117, comma secondo lettera c) e 119 della Costituzione, posto che la disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi rientra nella competenza esclusiva dello Stato e, di conseguenza, l’esercizio della potestà legislativa delle regioni riguardo a tale tributo è ammesso solo nei limiti consentiti dalla legge statale, la disposizione regionale censurata applica al medesimo presupposto d’imposta l’aliquota massima anziché quella ridotta, e si pone così in netto contrasto con la norma statale, per cui il tentativo di interpretazione costituzionalmente conforme operato dai ricorrenti, per i quali il riferimento all’aliquota massima indicherebbe solo il parametro sul quale calcolare il venti per cento, non è percorribile, non essendo suffragato da alcun criterio interpretativo, né letterale, né di altro tipo.
In conclusione, la norma regionale è frutto dell’illegittimo esercizio da parte dell’Ente della propria potestà legislativa in una materia in cui lo Stato ha competenza legislativa esclusiva e, per tale motivo, La Corte ne dichiara la illegittimità costituzionale.